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Benvenuti al "CS D".

sabato 28 marzo 2020

2019 Graduatorie dei primi 100 in Italia Atleti/Atlete GEAS ATLETICA

Cognome     Nome         Categoria       Specialità       Pos

Pollini          Emma        Ragazze          1000                   6
Borgonovo  Rebecca      Ragazze          1000                 52
Smaniotto   Andrea        Ragazzi           Vortex             28
Muraro       Elisa            Cadette           Salto in Alto   14
Rossi            Simona       Cadette           2000                17
Rossi            Simona       Cadette           1000                26
Staffetta 3x1000             Cadette                                   25
Staffetta 4x100               Cadette                                   65
Sana            Charlotte    Allieva            400                  20
Sana            Charlotte    Allieva            200                  48
Garini         Barbara      Junior             800                  36
Rossi           Francesco   Junior             400                    2
Rossi           Francesco   Junior             200                    5
Besana        Laura          Promesse        100                  42
Rossi           Teresa          Assoluti         Salto in Alto     5
Rossi           Francesco    Assoluti         400                   21
Rossi           Francesco    Assoluti         200                   43

mercoledì 25 marzo 2020

News dal presidente.....


Cari atleti, atlete, allenatori, dirigenti, collaboratori e famiglie, la situazione è sempre più complicata.
Spero che a voi tutti come ai vostri cari possa mancare solo l’Atletica e vi faccio un grande in bocca al lupo!
Non sappiamo quando e come si potrà riprendere la nostra attività.
Dal Comune di Sesto San Giovanni nessuna notizia ne positiva ne negativa.
Un dato è certo fin che non riprenderà il regolare svolgimento delle lezioni scolastiche, la nostra attività non potrà ricominciare.
Ai vostri allenatori ho chiesto vostre notizie e sono in attesa delle risposte, con i miei collaboratori e dirigenti sono sempre in contatto.
Io spero che ai più grandi verso le metà di aprile siano permessi gli spazi all’aperto che in questo momento tutte le Amministrazioni hanno chiuso, chiaramente mi riferisco ai parchi o anche al nostro impianto.
Un abbraccio a tutti e un grande in bocca al lupo!

Roberto Vanzillotta


venerdì 20 marzo 2020

PINO DORDONI


Ho avuto il piacere di conoscere Dordoni quando era referente della marcia nazionale. 
Ero in compagnia di Antonio La Torre e Raffaello Ducceschi. A parte la signorilità del comportamento mi ha sorpreso una sua dichiarazione: se è difficile insegnare la marcia figuriamoci un lancio. Poi a Sesto sono sempre venute in occasione del 1 maggio la moglie e la figlia dopo la sua morte. Anche loro molto discrete. 
A Sesto è stato doveroso intitolare l’impianto di Atletica a Lui.



Pino Dordoni, un atleta amato e celebrato, in tutta Italia, con titolazioni di vie e impianti sportivi. Ricordato come il più elegante dei marciatori di ogni epoca, ha sempre difeso i suoi ideali, anche non sportivi, venendo rispettato e onorato anche da chi la pensava in maniera diametralmente opposta.

Il giudice era Libotte. Sai, Armando Libotte, quello che organizzava la 100 km del Canton Ticino. Lo conoscevo bene, eravamo amici. E quando comincio a inquadrare la torre dello stadio, gli dico: senti, Armando, ti dispiace tenermi gli occhiali scuri e il berrettino? Non si può mica vincere l’Olimpiade a capo coperto e con gli occhiali sul naso. E poi, già che ci sei, prestami anche il pettine che voglio rendermi presentabile“.
E’ stato allora che i fotografi e i cineoperatori si sono scatenati per riprendere la scena. Figurarsi, uno che marcia e si pettina. E quelli arrivati in ritardo mi dicevano, repeat, again, fallo di nuovo. E io un volta ci sono stato, poi ho detto basta: ragazzi, non voglio mica perdere la medaglia d’oro per voi. Dolezal era un vecchio cagnaccio. Otto minuti avevo su di lui e vinsi per due”.
E questo era il ricordo che Pino Dordoni riservava agli amici, il ricordo del 21 luglio 1952 quando si trasformò in un’icona, un’icona vera, mica quelle figurine che affollano lo schermo del computer: il viso ispirato, trasfigurato, mentre, nello stadio di Helsinki, taglia il traguardo della 50 km di marcia e diventa una delle immagini della storia dello sport azzurro, una di quelle che non sbiadiscono.
E rievocando andava via tutto d’un fiato, una parola dopo l’altra, come i passi lungo i viali alberati, sulla Mannhereimer, a calpestare i binari del tram, senza un’occhiata per i laghetti, per la mole bianca di Finlandia, per le betulle.
Un lunedì di pioggerella fine che odorava d’autunno fu il suo giorno, il giorno della prima medaglia d’oro della spedizione italiana “tanto che divenni il cocco di Giulio Onesti. Poi venne l’oro di Irene Camber nel fioretto, ma a rompere il ghiaccio toccò a me e per qualche giorno ebbi tutti gli onori, persino una macchina a disposizione”.
Ma l’omaggio più vero, più sincero, inaspettato me lo regalarono i russi: era la prima volta che venivano ai Giochi e non erano nemmeno nel nostro villaggio. Noi stavamo a Kapyla, in un blocco di case popolari, loro ad Otaniemi, nella foresta. Il giorno dopo la vittoria, andai da uno di loro, un amico. Gli altri erano sul cancello, applaudivano, e io chiesi: chi applaudono? Applaudono te, mi rispose”.
Perchè Pino era Mister Walking, il Signor Marcia, perfetto, impeccabile in uno stile diverso rispetto a quello d’oggi, stravolto dalle frequenze febbrili, dalle ampiezze sempre più ridotte, dal doppio appoggio che chissà, dal bloccaggio che boh.
Campione d’Europa nel ’50 all’Heysel di Bruxelles, sull’esito dei Giochi Dordoni aveva pochi dubbi, una convinzione maturata durate il lungo viaggio verso il Nord e Suomi.
Un viaggio eterno: 58 ore di treno da Milano. E poi piombarono i vagoni, sì, misero gli schermi di lamiera sui finestrini: stavamo per passare nella zona dell’istmo di Carelia, occupato dai sovietici”.
“Più di due giorni avevo avuto dalla Centrale alla stazione di Helsinki per riflettere. Ero convinto di essermi lasciato alle spalle tante migliaia di chilometri per un solo scopo: vincere”.
“Non avevo un dubbio, ero il più forte. Solo un timore: i piedi, che non è una roba da ridere per uno che marcia. Negli ultimi allenamenti, a Piacenza, avevo rinunciato a usare le mie scarpette da gara. Erano guanti, non volevo usurarle ed erano le uniche che avevo. Oggi quelli forti ne hanno anche otto paia”.
“Così calzai quel che trovai, un paio di scarpe da basket, con il puntale in gomma. Mi rovinai le unghie degli alluci e Giorgio Oberweger, il ct, prese il toro per le corna, lui era fatto così: prima che partissimo mi portò da un medico milanese che me le estirpò”.
“Così partii per l’Olimpiade con una fasciatura e con u’infezione che pulsava. Ma quel giorno, al 35° chilometro, quando diedi lo scossone decisivo, dimenticai di essere il padrone di quelle dita disastrate”.
Via, composto, senza mai rischiare l’ammonizione. In quei momenti sparivano il dolore e le traversie di un’esistenza condotta con la fierezza dell’integralista, con la testa e il cuore a invitto.
Perché Pino non ha mai nascosto e non ha mai smesso di ripetere che lui era da quell’altra parte, anche dopo il 25 aprile “quando l’Italia si popolò di partigiani”.
Lui a diciott’anni volontario nella Guardia Nazionale Repubblica, lui con quelli di Salò. E dopo la Liberazione, prigionia nel campo di Edolo e poi a Tombolo, nella pineta frequentata dalle “segnorine” che andavano con gli americani .
E a novembre del ’45 a casa, a Piacenza. Per finire a sbattere in vecchi amici che non salutavano, per sentirsi rispondere che lavoro non ce n’era. Ne rimediai uno un paio d’anni dopo: fattorino all’Associazione Commercianti, 27.00 lire al mese, meglio che niente. A scaldarmi la vita c’era la marcia. Ma c’erano anche le delusioni: a Londra ’48 fuori nelle batterie dei 10 chilometri, troppo corti per me”.
Con lo sport non è diventato ricco: “Quando, dopo Helsinki, il Coni mi diede la possibilità di scegliere – un medaglione d’oro o il corrispettivo in soldi, 700.000 lire – non ebbi un’esitazione: presi il denaro”.
E alla fine del racconto c’era sempre un sorriso beffardo, lo stesso che non ammainò anche quando gli dissero del cancro che portava addosso e dentro, e che uccise il Cavaliere nell’ottobre del ’98.
Qualche giorno prima erano andati a fargli visita Maurizio e Giorgio Damilano. “Stai forte, Pino, che tra qualche giorno ripassiamo”.
Ripassarono per il funerale e Maurizio distillava i ricordi: “Un lontano allenamento in Messico, per far riserva di ossigeno, io e Giorgio giovanissimi e lui ogni giorno a inventar qualcosa perché l’allenamento apparisse meno severo. Al mio fianco per l’oro di Mosca, al mio fianco sempre”.
E Pamich, scabro, quasi pietroso, disse solo una cosa: “Abbiamo passato una vita gomito a gomito e altro non so dire”.
Sesto San Giovanni, vecchia roccaforte rossa, Stalingrado d’Italia, hanno chiamato con il suo nome il campo dove Antonio La Torre ha cresciuto Ivano Brugnetti, dove Pietro Pastorini allenava Michele Didoni. Lui ne sarebbe stato felice.

mercoledì 18 marzo 2020

AVVISO ALLE FAMIGLIE DEI NOSTRI ASSOCIATI


A tutte le famiglie del Geas Atletica

Vista la situazione drammatica che stiamo vivendo e l’impossibilità per i vostri ragazzi e ragazze di frequentare i corsi di Atletica Leggera la società s’impegna per il prossimo anno di ridurre la quota d’iscrizione di un 20%.
Tutto questo è subordinato al fatto di avere ancora la possibilità di poter svolgere questo splendido sport al campo “Pino Dordoni”.
Al momento non sappiamo ancora cosa deciderà in merito l’Amministrazione.
E’ tutto.
Augurandovi di vedervi al più presto correre, saltare e lanciare vi faccio un grande in bocca al lupo per la vostra salute e chiaramente lo estendo a tutti i vostri famigliari.

Sesto San Giovanni li, 18/03/2020

Il presidente GEAS ATLETICA
Roberto Vanzillotta

lunedì 16 marzo 2020

La “mia” pista di Sesto San Giovanni, è la mia seconda casa...


“CASA”

Quante volte, in 28 anni  mi sono sentita dire che il campo di atletica, la “mia” pista di Sesto San Giovanni, è la mia seconda casa? Già! In verità molto spesso l’ho sentita come LA casa, come se fosse la prima e l’unica. Se non altro perché, soprattutto dopo i primi risultati importanti, ci passavo molto più tempo che in qualsiasi altro posto.
Ma non è solo per la quantità di tempo: è soprattutto per un fatto di passione, di dedizione, di affetto.
Ho sentito subito questa strana e rassicurante sensazione di essere a casa appena arrivata, sedicenne, all’allora Campo Rovani. Grazie sicuramente all’impronta che gli allenatori e il presidente avevano dato alla società e di conseguenza all’ambiente in cui ci si allenava. Mi sono sentita subito a mio agio e accolta, e non è che io fossi già una campionessa, anzi… ma era un ambiente in cui ci stavo, e ci si stava, volentieri.
Quel posto è diventato poi sempre più casa, è il posto dove sono cresciuta sportivamente e personalmente, dove da ragazzina sono diventata donna, dove ho costruito tutto quello che sono adesso, dove ho conosciuto l’amore della mia vita, Massimo. Su quella pista ho tanti ricordi della mia storia con lui e quindi affettivamente è un luogo simbolo per me; oltre che a casa, era lì che passavo il mio tempo con lui, e quei momenti dentro di me hanno assunto un’importanza doppia, da atleta con il mio allenatore, e da donna con l’uomo che ho amato. E’ un intreccio che amplifica tutto ciò che qualsiasi altro atleta o persona lì dentro possa aver provato. Ed è tutto strettamente legato alla pista del Pino Dordoni.
Ci sono anche chiaramente i tanti ricordi da atleta professionista, di un’atleta che si è allenata lì per quasi vent’anni. Su quella pista ho versato sudore, ho riversato tutta la mia passione, ho gioito, ho faticato, ho pianto, mi sono arrabbiata e mi sono divertita, ho esultato, mi sono sentita forte e mi sono sentita limitata….
Su quella pista ho scolpito muscoli e anima, ho ingoiato lacrime e stretto i denti, ho trovato forza e rabbia, ho trovato sicurezza e tranquillità, ho trovato l’equilibrio tra corpo, mente e spirito.
E mi sono innamorata.
E poi, nei momenti veramente duri della mia vita, mi ci sono rifugiata. Come in un luogo sicuro.
Ed ora, come allenatrice, su quel campo, tutte le mie esperienze e le mie sensazioni le posso utilizzare e trasformare per far crescere i mie ragazzi. In ogni senso, umano e sportivo.
Se penso che quel posto così com’è non ci potrà più essere mi viene da piangere! È come se mi stessero cacciando di casa insieme a centinaia di ragazzi che non potranno così più provare emozioni simili a quelle che ho provato io in questi anni:
…nelle mie circa 700 ore da giovane atleta “principiante”, dal ‘92 al ‘94
…nelle mie circa 7500 ore di intensa attività da atleta di livello, dal 1994 al 2009 (escludendo i due anni al Campo Manin causa lavori di rifacimento)
…nelle mie circa 9700 ore come atleta ancora agonista e poi a livello amatoriale e come allenatrice, dal 2009 ad oggi.
Forse con quasi 18 mila ore ci puoi mandare una persona in pensione, ma una pista no, un "tempio" dell'atletica come lo è stato negli anni il Pino Dordoni e il GEAS che ha sfornato tanti campioni, no, non si può mandare in pensione. Mai!


mercoledì 11 marzo 2020

Marcia Primo Maggio (Raffaello Ducceschi)

Marcia Primo Maggio
(Raffaello Ducceschi)

Sul Balcone. Pomeriggio di sole. Luce forte. Il fumo delle fabbriche e l'umidità padana la fanno arancione. Le braccia di mio padre, lo giuro, altissime, sconfiggono il parapetto, prima insormontabile.
Finalmente vedo la strada. Quattro o cinque teste in canottiera muovono le braccia avanti e indietro. Zum Zum, Zum Zum. Anche i piedi.
"Guarda Raffaello quello è Pamicc"
Ma ... quello chi?
Ma chi è?
"Quello che ha vinto le olimpiadi!"
Le olimpia... che?
"non ti ricordi?"

Le mie domande frullano silenziose, s'ingorgano, s'intralciano e s'intasano, la parola non è ancora il mio forte, c'è d'attendere. Facciamo due conti oggi ci sono questo qua e i suoi amici che muovono i piedi e le braccia, fa caldo... scusa, Pamicc non ha mica vinto a Tokio ‘64? allora oggi è il primo maggio del 1965!
Ma come faccio a ricordarmi...? ...delle olimpiadi, voglio dire. Erano 8 mesi fa! no ma dico? 
Sembra però che 'ste olimpia-cose siano una roba seria... da ora in poi prometto ricordarmi tutto... Intanto è meglio che faccio da solo. Tanto per cominciare per me Pamicc è quello lì con il fazzoletto in testa con i quattro nodi agli angoli. Perché? Ma è ovvio, è l'unico, gli altri non ce l'hanno... di chi mi ricordo se no?
Poi magari tra vent'anni mi dicono che il fazzoletto lui non lo portava mai... poi passo dieci anni deluso e poi magari tra trent'anni negli archivi del comune ti trovo una foto di Pamicc a sesto, in mezzo a due inglesi, col fazzoletto in testa, Pamicc dico (...che si scrive con l'acca non "l'o" ancora imparato... non vado mica a scuola... cioè vado all'asilo,
dall’Alari, il custode, che mi chiama con il microfono e i baffi, quando arriva la mia mamma a prendermi, e dalla Vittoria Verga, che vince già gli scudetti di basket e la coppa dei campioni col Geas... ma questo non lo so ancora... però è simpatica e "cià" le trecce con gli zoccoli. Da grande voglio fare l'Alari, se poi non mi danno il microfono magari gli chiedo di farmi la tessera del piccì prima che cambi nome... il piccì non l'Alari... l'Alari, il partigiano, non cambia mai...e la Vittoria...la Vittoria la sposo... se è già sposata ne trovo qualcuna che le assomiglia... che ciò già l'imprintin’... )

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Sul marciapiede. Molta gente. Arrivano i marciatori. Non vedo nessun fazzoletto. "Chi vince?" uno straniero "e dietro?" altri stranieri. "ma non c'è Pamich?".



Dordoni e Pamich

domenica 1 marzo 2020

Apertura Campo Dordoni settimana dal 02/03 al 07/03


Apertura Campo Dordoni settimana dal 02/03 al 07/03

  1)   Il Campo è aperto agli atleti che svolgono un’attività     d’interesse nazionale e internazionale.

  2)   Si può utilizzare la pista e il tunnel negli orari soliti.

  3)   Non sono ammessi all’attività i genitori dei ragazzi e i   cittadini che di solito frequentano l’impianto nella pausa   pranzo o alla sera.

  4)   Sono ammessi i ragazzi e le ragazze del triathlon perché       svolgono attività nazionale e internazionale anche per loro con   limitazione della pista.

  5)   Sono ammessi gli atleti: Comi e Manigrasso anche per loro   senza l’uso di spogliatoi perché atleti d’interesse nazionale e   internazionale.

  6)   Purtroppo non sono ammessi i ragazzi dei corsi e di questo ne   siamo spiacenti (gruppo Accardi).

  7)   Speriamo che dalla prossima settimana il tutto torni alla   normalità.

Grazie della comprensione
Il gestore
Roberto Vanzillotta
Sesto San Giovanni li, 02/03/2020