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lunedì 16 marzo 2020

La “mia” pista di Sesto San Giovanni, è la mia seconda casa...


“CASA”

Quante volte, in 28 anni  mi sono sentita dire che il campo di atletica, la “mia” pista di Sesto San Giovanni, è la mia seconda casa? Già! In verità molto spesso l’ho sentita come LA casa, come se fosse la prima e l’unica. Se non altro perché, soprattutto dopo i primi risultati importanti, ci passavo molto più tempo che in qualsiasi altro posto.
Ma non è solo per la quantità di tempo: è soprattutto per un fatto di passione, di dedizione, di affetto.
Ho sentito subito questa strana e rassicurante sensazione di essere a casa appena arrivata, sedicenne, all’allora Campo Rovani. Grazie sicuramente all’impronta che gli allenatori e il presidente avevano dato alla società e di conseguenza all’ambiente in cui ci si allenava. Mi sono sentita subito a mio agio e accolta, e non è che io fossi già una campionessa, anzi… ma era un ambiente in cui ci stavo, e ci si stava, volentieri.
Quel posto è diventato poi sempre più casa, è il posto dove sono cresciuta sportivamente e personalmente, dove da ragazzina sono diventata donna, dove ho costruito tutto quello che sono adesso, dove ho conosciuto l’amore della mia vita, Massimo. Su quella pista ho tanti ricordi della mia storia con lui e quindi affettivamente è un luogo simbolo per me; oltre che a casa, era lì che passavo il mio tempo con lui, e quei momenti dentro di me hanno assunto un’importanza doppia, da atleta con il mio allenatore, e da donna con l’uomo che ho amato. E’ un intreccio che amplifica tutto ciò che qualsiasi altro atleta o persona lì dentro possa aver provato. Ed è tutto strettamente legato alla pista del Pino Dordoni.
Ci sono anche chiaramente i tanti ricordi da atleta professionista, di un’atleta che si è allenata lì per quasi vent’anni. Su quella pista ho versato sudore, ho riversato tutta la mia passione, ho gioito, ho faticato, ho pianto, mi sono arrabbiata e mi sono divertita, ho esultato, mi sono sentita forte e mi sono sentita limitata….
Su quella pista ho scolpito muscoli e anima, ho ingoiato lacrime e stretto i denti, ho trovato forza e rabbia, ho trovato sicurezza e tranquillità, ho trovato l’equilibrio tra corpo, mente e spirito.
E mi sono innamorata.
E poi, nei momenti veramente duri della mia vita, mi ci sono rifugiata. Come in un luogo sicuro.
Ed ora, come allenatrice, su quel campo, tutte le mie esperienze e le mie sensazioni le posso utilizzare e trasformare per far crescere i mie ragazzi. In ogni senso, umano e sportivo.
Se penso che quel posto così com’è non ci potrà più essere mi viene da piangere! È come se mi stessero cacciando di casa insieme a centinaia di ragazzi che non potranno così più provare emozioni simili a quelle che ho provato io in questi anni:
…nelle mie circa 700 ore da giovane atleta “principiante”, dal ‘92 al ‘94
…nelle mie circa 7500 ore di intensa attività da atleta di livello, dal 1994 al 2009 (escludendo i due anni al Campo Manin causa lavori di rifacimento)
…nelle mie circa 9700 ore come atleta ancora agonista e poi a livello amatoriale e come allenatrice, dal 2009 ad oggi.
Forse con quasi 18 mila ore ci puoi mandare una persona in pensione, ma una pista no, un "tempio" dell'atletica come lo è stato negli anni il Pino Dordoni e il GEAS che ha sfornato tanti campioni, no, non si può mandare in pensione. Mai!